Furry Days (2/2)




<<< Prima parte



Joan, aprì il cancelletto proteggi-bambini che delimitava la zona della cucina ed entrò. I cani le corsero incontro scodinzolando. Schivò due bioccoli di merda sul parquet di ciliegio e preparò il caffè.

«Tom! Sveglia, a momenti sarà qui produzione!» disse Joan senza voglia.


Che lo trovassero pure così. Lo sapevano perfettamente che era un tossico anche prima di fargli firmare il contratto. 
È il tipo giusto, biondo, lineamenti proporzionati, occhi azzurri. Buca lo schermo, nano ma non deforme. 
Joan era stata d'accordo. L'aveva trovato un bel ragazzo fin da subito. L'aveva sposato per lo show più che volentieri, per poi ritrovarsi per le mani un tossico impotente.

I primi tempi non si era rassegnata: le era costato più mille e cinquecento dollari di Viagra. Alla fine aveva lasciato perdere, tanto il coglione era completamente disinteressato al mondo furry.

Invece il cinese, tutta un'altra stoffa, tutta un'altra volontà di sperimentare...

Legalmente però lei era sposata con Tom, anche se il loro matrimonio era di fatto una finta. Una scrittura privata la proteggeva dal doversi occupare di quel tossico al di fuori dello show. Alla fine del programma avrebbero annunciato una separazione consensuale e se dio vuole lei non l'avrebbe più rivisto.

Guardò con disprezzo il suo pseudo marito strisciare per terra, rantolando. Sospirò, non vedeva l'ora di divorziare.

«Tom alzati, perdio! Guarda che casino, i cani hanno cacato in terra anche questa volta» disse lei, tirando un calcio al chihuahua che stava pisciando sul tappeto. La bestiola minuscola le si rivoltò contro, mostrandole i denti.

Tom biascicò qualcosa di incomprensibile, poi fece un rutto che sembrava più un tuono.

«Tom, non azzardarti a sboccare sul pavimento, ok? Non scherzo, tra poco saranno tutti qui» disse Joan.

Il pechinese si era avventato famelico su una fetta di pizza al salame piccante e doppio formaggio.

«La pizza no. Tom non gliela far mangiare tutta, sennò gli viene la sciolta e ci tappezza casa, lo sai. Già c'è merda dappertutto qui. Capito?» disse scavalcando il marito che cominciava ad aprire gli occhi.

«Cazzo, ho dormito sul tappeto» disse Tom mettendosi a sedere e guardandosi intorno come se non sapesse dove si trovava.

«Sai che novità. Da' una pulita e apri un po' le finestre. Sembra che ci sia morto qualcuno qui dentro... Vado a fare una doccia» disse Joan prima di chiudere la porta del bagno.

Poco dopo si sentì il rumore dello scroscio dell'acqua.

Con due calci ben piazzati, Tom spedì i cani in fondo alla stanza, poi afferrò una fetta di pizza dal cartone e la addentò. Si guardò intorno masticando di gusto. Aveva fatto un gran casino. Oppure avevano fatto? Non si ricordava che fosse successo la sera prima.

Will aveva levato le tende quasi subito. Il maledetto cinese era interessato solo ai soldi, non si divertiva mai. Viveva rinchiuso nella bisca al seminterrato, usciva solo per le riprese.

A lui invece piaceva vivere, divertirsi! Ma sopratutto gli piaceva farsi di cocaina. E da quando era diventato una fottuta star della televisione poteva averne quanta voleva.

Prese lo specchio da terra e lo leccò con golosità.

Notò il sacchetto sul tavolo.

La sua coca, ce n'era ancora tanta, non gliel'avevano fottuta come al solito. Si preparò un paio di strisce, era proprio quello che gli ci voleva in quel momento. Sniffò profondamente, poi sospirò guardandosi intorno. La troupe sarebbe arrivata da un momento all'altro. Doveva ripulire un po' quel letamaio.

Il cinese sbucò dalla porta della cantina. Si era cambiato, indossava dei calzoncini corti, una maglietta e dei sandali.

Aveva le gambe cortissime e ciccione, era più basso di Joan. La produzione non l'aveva misurato come con gli altri due., così ignorava quanto fosse alto. Ma non gliene fotteva granché.

«Dov'è?» domandò Will.

«Nella doccia» disse Tom, aprendo le finestre.

«Caffè?»

«È pronto, versane una tazza anche per me.»

«Anche per me, grazie» disse Joan uscendo dal bagno con l'accappatoio e i capelli bagnati.

«Allora com'è andata stanotte?» domandò Tom.

«Niente male» disse Will.

«E tu Joan?»

«Sì, niente male, ma mi hanno fottuto i vestiti.»

«Non è possibile: un'altra volta?»

«Un'altra volta. Valli a capire questi pervertiti.»

«Eh eh, eh eh!»

«Non c'è nulla da ridere, Tom» disse il cinese.

«Grazie Will. Comincia ad essere disturbante, forse dovrei cambiare club. Mi sa che mi hanno anche riconosciuta» disse Joan.

«Eh eh, eh eh!»

«Tom, per favore, pulisci questo letamaio. E... cazzo, guarda il cane!»

Il chiuaua aveva infilato il muso nel sacchetto della coca.

Tom gli piazzò un calcio ben assestato che lo fece rimbalzare oltre il divano. Si sentì un guaito.

«Questa non la devi toccare, stronzo di un cane. Te lo faccio vedere io» disse Tom afferrando la mazza da golf. 
Lo sponsor gli aveva fatto delle mazze su misura, con la marca in bella mostra. Doveva fingere di giocarci due volte per ogni serie. Era uno tra gli sponsor che pagava meglio. Per contratto doveva fare una partita con altri attori di altezza normale. Tom odiava il golf. E non aveva amici, se non i suoi compagni tossici che come al solito si erano volatilizzati col sorgere del sole, lasciandolo sul tappeto. La coca la sua unica, vera amica, lei non lo mollava mai.

Tutti e tre diedero una rassettata alla stanza.

Tom andò nella doccia, mentre Will arrovesciò la cesta dei giocattoli sul tappeto e si sedette in mezzo. Quelli della troupe sarebbero arrivati di lì a poco.

Joan si avvicinò e si sedette accanto al cinese.

«Sono preoccupata per lui» mormorò, indicando con la testa la porta della stanza da bagno.

«Lo so, è un tossico. Mai fidarsi dei tossici» disse Will tentando di separare due mattoncini di plastica colorata. «Cazzo, se sono incastrati» aggiunse sbuffando.

«Aspetta, ti aiuto» disse Joan.

Will si lasciò prendere i mattoncini dalle mani e mentre Joan si sforzava di separarli le allungò una mano sul culo.

«Will, non abbiamo tempo. Saranno tutti qui a momenti.»

Will sospirò, mollò la chiappa di Joan e afferrò una macchinina.

«Brum brum!» disse dandole un'occhiataccia.

«Ecco, bravo. Vado a vestirmi» disse Joan.

«Sì, ma nascondi quella» disse Will indicando il sacchetto con la polvere bianca che era rimasto sul tavolo.

Joan lo ripose in un cassetto. Era tanta cocaina, Tom non aveva limiti. La comprava come se non ci fosse un domani. Spendeva tutti i soldi in polvere bianca, il coglione. Eppure la pacchia sarebbe finita presto. Lo sapevano bene, tutti e tre.

«A chi volete che interessi uno show su dei nani? Bene che vada, non durerete più di due stagioni» aveva sentenziato il produttore, e lei non aveva ragione di dubitare.

Mise nella lavastoviglie alcuni bicchieri sporchi. L'odore di whisky le fece attorcigliare lo stomaco. Anche lei la sera prima non c'era andata troppo per il sottile. Ma era una che sapeva controllarsi, mica come suo marito. Andò in camera a vestirsi.

Tom uscì dal bagno con un asciugamano intorno alla vita. Si sentiva tutto incartato, aveva bisogno di un altro pizzico, solo una puntina... Vide Will a terra che giocava con le macchinine. Scosse la testa. Era inutile quella pantomima prima dell'arrivo della produzione.

Quel cinese lo irritava.

Cercò con lo sguardo il suo sacchetto, ma non riuscì a vederlo.

«Will.»

«Brum brum!»

«Will!»

«Brum brum!»

«Will, cazzo. Dov'è la mia roba?»

«Lì dentro» disse Will indicando il cassetto. «Joan l'ha fatta sparire, non possiamo rischiare farla scoprire dalla troupe. Ci vuoi inguaiare tutti quanti?»

«Che cazzo dici? Per un po' di coca? E poi sono dei rintronati, alcuni di loro pensano davvero che tu sia un bambino di tre anni, i coglioni.» disse Tom, tirando fuori il sacchetto. Lo guardò in controluce, ci saranno stati almeno tre o quattro grammi di coca. Si sentì subito bene. Ne versò un po' sullo specchio e iniziò a montarla con una lametta. 
Si guardava riflesso nello specchio, la produzione aveva ragione: era lui il bello dello spettacolo. Joan sfruttava l'affetto simpatia, i grandi occhi verdi. Il cinese perché oltre ad essere nano sembrava anche un bambino. Altrimenti col cazzo che l'avrebbero incluso nel cast. 
«Tu piuttosto, cinese del cazzo. Hai organizzato una bisca clandestina nel sottosuolo. Tu ci farai scoprire tutti. Niente cazzate, ti ricordi?»

Will scaraventò una Lamborghini in miniatura contro il muro mandandola in frantumi.

«Noi abbiamo tutto sotto controllo là sotto. Sei tu che finirai per sputtanarci, drogato di merda. Stanotte le urla si sentivano fin da giù. Ma che cazzo avete fatto?» disse il cinese, squadrandolo con sguardo truce.

Tom rimase in silenzio. Non se lo ricordava, che era successo? Quanti erano? Gli sembrava di aver pure scopato con qualcuna, ma non era certo al cento per cento. Forse l'aveva solo sognato.

«È tutto a posto?» domandò Joan entrando in salotto e guardandosi intorno.

«Sì, tranquilla.»

«Vado a prendere il giornale» disse Tom.

Will aspettò che fosse andato via, poi disse.

«Sono preoccupato per tuo marito, ci farà scoprire tutti. Non possiamo tirare troppo la corda, lo sai.»

«Lo so. Adesso il nostro obiettivo è far durare la pacchia più a lungo possibile. Lui sembra non rendersi conto che non sarà per sempre. Questa è un'illusione. E per favore, smettila di chiamarlo "mio marito".»
Il cinese le sorrise senza aggiungere altro.

All'esterno Tom raccolse il giornale dal vialetto. Poi si accorse del furgone della produzione. Erano già arrivati e con loro c'era Susan la regista. Quel giorno avrebbero girato alcune scene in casa e poi in un centro commerciale della zona. Lui avrebbe fatto finta di comprare dei gioielli a Joan, nel frattempo Will sarebbe stato nel passeggino e alla fine qualche ripresa al parco a giocare a football. Padre e figlio. L'America vuole queste cose: padre figlio, il football, i legami familiari forti, stelle e strisce. E loro gliele avrebbero date tutte, una per una. 
Tom seguì Susan in casa, mentre il resto della troupe scaricava le attrezzature.

«Buongiorno» disse Susan entrando nel soggiorno. Storse il naso.

Il cattivo odore era rimasto.

«Scusa per il cattivo odore, Susan; colpa della spazzatura, è rimasta troppo a lungo in casa. Abbiamo pulito e aperto le finestre» disse Joan andandole incontro sorridente.

«Ma che bambino adorabile» disse Susan accarezzando la testa di Will.

Lui grugnì guardandola di traverso.

«Will, fa' il bravo» disse Tom.

«Ma sì, è solo un po' nervoso. Stanotte ha dormito poco» disse Joan, passandogli un biberon di latte.

Will iniziò a poppare avidamente, guardando tutti con occhi truci. 
Il suo ruolo era il più facile. Doveva solo farsi spupazzare, sorridere e non parlare, poteva addormentarsi quando voleva, senza sembrare un narcolettico come quel cretino di Tom. Si rilassò con le costruzioni.

«Allora ragazzi. Oggi, come sapete, usciamo. Faremo shopping al centro commerciale. Ok? Tom, comprerai a tua moglie un orologio. Ok?»

«Non un gioiello? Nella sceneggiatura c'è scritto “gioiello”, però. Io avrei preferito un gioiello» sbottò Joan.

«Lo sponsor ha cambiato idea. Ha scelto un orologio da donna, in acciaio. Marca americana, Tom dovrà sottolineare che si tratta di un oggetto americano, ok?»

Tom annuì.

Joan sbuffò con disappunto. Si aspettava un collier d'oro, altro che un fottuto orologio.

Susan continuò: «Dopo l'orologio, andrete tutti insieme a mangiare qualcosa. Ma prima passerete davanti alla vetrina di un negozio di giocattoli. Will vedrà i pupazzi di Peppa Pig e impazzirà dalla gioia. Voi gli comprerete un pelouche della maialina e un libro da colorare. Ok?»

«Eh no, Peppa Pig no» sbottò Will. «Ho quarant'anni, ricordatevelo. Le macchinine passino, le costruzioni va bene, ma il pelouche del porco da frocio, no. Non se ne parla.»

Tom fece per dire qualcosa. Susan lo zittì con un gesto. 

«Eh no, Will. Tu da contratto hai tre anni. Me ne fotto se non ti piace Peppa Pig. E me ne fotto anche se a te non piacciono gli orologi» disse la regista incenerendoli ad uno ad uno con lo sguardo. «Qui abbiamo fior di sponsor che pagano un botto di soldi, e voi siete sotto contratto. Tu, cinese di merda, hai tre anni e giochi con Peppa Pig perché te lo dico io, ok? Tu nana perversa fai salti di gioia perché tuo marito ti dà l'orologio americano. Ok? E tu sei un papà amorevole, e stai tutto il giorno con loro. Niente fughe all'improvviso, capito drogato? Se volete continuare, e credo proprio di sì visti tutti i soldi che state facendo, vedete di abbassare le pretese. Recitate la vostra parte, fate come vi diciamo. Di nani pronti a prendere il vostro posto ne abbiamo a migliaia. Siete dei miracolati, non avete nulla di speciale, mettetevelo in testa. E poi gli indici di ascolto sono in picchiata, la gente si sta stancando delle vostre vite. Pensavamo di poterla tirare ancora per un altro anno, ma se gli ascolti continuano così a calare, chiuderemo tutto entro l'estate. Ok? È chiaro?»

I tre si erano bloccati e guardavano la regista con il cuore in gola. I pensieri rimbalzavano di testa in testa. Che cosa farò dopo? 
Joan aveva messo da parte un mucchio di soldi, ma gliene servivano tanti altri per raggiungere il tenore di vita che voleva. Will ne aveva approfittato per aprire una bisca clandestina in quella parte di città abitata solo da ricchi. Era stata una grande idea. Tutta gente che non l'avrebbe seguito dopo, quando fosse ritornato in quella fogna di China Town. Molti dei suoi nuovi clienti facoltosi non entravano nemmeno nel suo vecchio quartiere. Non voleva ritornarci tanto presto. Infine Tom, sarebbe stato sul marciapiede entro un paio di settimane.

Si guardarono l'un con l'altro.

Will barcollò al passeggino e gridò felice mentre Tom lo sistemava a sedere e gli allacciava le cinture di sicurezza. Joan con un sorriso che le divideva la faccia in due semisfere gridò: 
«Adesso tutti al centro commerciale!»

«Yeeehaaa!» gridarono padre e figlio battendo le mani. 
Uscirono sorridenti nell'aria del mattino, seguiti dalla troupe.

Fine.


Che cos'è questo racconto? 
"Furry Days" è un racconto in due parti (1 e 2) che fa parte della trilogia che ho dedicato ai programmi di Real Time. Sono tre racconti di fanfiction, ispirati ai programmi che mi sono piaciuti di più l'estate scorsa. Per adesso ne ho pubblicati online due (il primo si intitola "Tagliando").  Tuttavia, a breve, uscirà un ebook per "sotto l'ombrellone" che li raccoglierà tutti e tre e si intitiolerà "Dietro le quinte".

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