Bookcrossing esagerato


Destinazione Bologna, andata e ritorno in mattinata.
Ho tentato di strappare il pernotto ma non ci sono cascati, non cascano mai.
Comunque io continuo a provarci.
Arrivo in anticipo, il Frecciarossa non è ancora al binario.
Caffè.
Caffè e basta, ché non ho conto spese, maledetto "alibi-crisi".
Sono vestita elegante, mi aspetta una mattinata soft: riunioni e aria condizionata. Indosso l'unica camicetta di seta del mio guardaroba.
Mi avvicino alla macchina per i biglietti. Già che ci sono posso fare quello per Pistoia che mi servirà tra qualche giorno. Mi fermo per valutare se mi convenga comprarlo adesso.
«Ciao bella.»

Forse è meglio aspettare, potrei trovare un passaggio.
«Ciao bellissima.»
Magari per l'andata no, ma per il ritorno è quasi matematico. Sì, meglio aspettare.
«Ciao, bel sorriso.»
Mi giro. Vedo un tipo sulla tarda-cinquantina, vestito di bianco, camicia aperta, capello lungo, infradito. Mi sorride con gli occhi socchiusi. Sorrido di rimando, evidentemente mi ha confusa con qualcun'altra.
Lui si avvicina con la testa piegata verso la spalla, come se mi volesse osservare bene, e un'andatura ondeggiante.
«Ciao bellezza, me lo offri un caffè?» dice strizzando gli occhi per sorridere.
«No.»
Sguardo sorpreso per un attimo, poi riprende il sorriso, la testa piegata e gli occhi socchiusi.
«Dai, almeno dammi un euro.»
«No.»
Si irrigidisce, senza perdere il sorriso. Si vede che è allenatissimo.
«Ma dai, il mio treno sta partendo e sono rimasto senza moneta!»
Vado via.
Dal bar vedo che il tizio abborda un'altra tipa che lo scarica. E poi un'altra ancora che gli dà qualcosa che lui intasca. Mi sale un nervoso indescrivibile. Ho solo due cose in comune con le altre tizie: il sovrappeso marcato e l'età "giovane dentro".
Gli auguro di morire male.
In treno sono nel posto di fronte a un tipo stempiatissimo e molto agitato. Sembra che il suo seggiolino sia rovente e non riesca a starci seduto. Uscendo da S.M. Novella comincia a fare una serie di telefonate a raffica che finirà a Bologna Centrale.
Si chiama Francesco, è sardo e fa il capocantiere in qualche sito di costruzioni. Si trova sul treno "solo" perché sta andando a Bologna a recuperare il Mercedes. Poi rientrerà a Firenze con la macchina. Pardon: con il Mercedes.
Chiama tutti quelli che ha in agenda per informarli dei suoi spostamenti e cercare di organizzare un pranzo a Barberino in un ristorante "valido" che conosce lui.
Ma tutti gli danno buca.
Francesco non si perde d'animo, continua a chiamare a tappeto. A ogni telefonata racconta del cantiere in cui sta lavorando e di come tenga per le palle l'ingegnere. Di tanto in tanto si guarda intorno per controllare chi lo stia ascoltando.
Caro Francé, è inutile che alzi il capino, ti ascolta praticamente tutto il vagone, visto che qui nessun altro sta parlando, e invece tu berci come se fossi in curva allo stadio.
Durante il viaggio, il pranzo a Barberino gradualmente si ridimensiona, trasformandosi in un lampredotto al chiosco di viale Guidoni.
Quando scendo a Bologna Centrale, Francesco sta ripetendo per l'ennesima volta la storia delle palle dell'ingegnere. Lo perdo di vista nella folla anche se continuo a sentirne la voce per un po': il Mercedes, le palle...
Un tossico si avvicina e mi chiede degli spiccioli, gli servono per mettere benzina alla macchina.
Dico di no.
Lui mi dà della stronza.
Vorrei un tanto un lanciafiamme. Oppure anche un gelato e un pisolino in poltrona. Ma sono solo le nove del mattino.
Prendo l'autobus.
Conto le solite cinque fermate e scendo.
Percorro un centinaio di metri e suono un campanello che conosco bene. Salgo. Mi attendono, devo solo fare una breve riunione e lasciare del materiale firmato e una busta con un assegno post datato.
Finisco.
Esco.
Chiamo il ragioniere.
«È andato tutto ok» dico.
«Bene.»
«Ora faccio due passi in piazza Maggiore e poi ritorno a Firenze. Ho tutto il tempo prima del treno di ritorno.»
«Aspetta, ho bisogno di un piacere.»
Brivido freddo lungo la schiena.
«Dimmi.»
«Devi andare al negozio Tal dei Tali, in via...»
«Sì sì, ci siamo stati insieme, so dov'è. Ma perché?» lo interrompo scocciata.
«Ecco. Allora devi andare lì e ritirare del materiale per me.»
«Materiale?»
«Sì, libri.»
Sono insospettita. Ci siamo visti tutti i giorni, perché me lo dice solo adesso?
«Mi sono dimenticato di dirtelo» mente.
Il ragioniere è un amico e asseconda sempre le tue mattane, mi ricorda la vocina interiore. Ok, mi arrendo.
«Vabbè, allora ci faccio un salto.»
Prendo l'autobus, scendo dopo sei fermate. Faccio un po' di strada a piedi, fa un caldo puttano, vorrei davvero fare un pisolino.
Entro nel negozio di libri usati che a me sembra uno tra i tanti. Invece per il ragioniere è il paradiso, ci trova sempre roba interessante.
«Buongiorno.»
«Eccola, finalmente. La stavo aspettando. Il suo amico ha già chiamato due volte.»
Il libraio è un umarello gentile. Di quelli nerd fino al midollo, può darti qualsiasi informazione su: pubblicazioni, case editrici, autori, editori, traduttori, gossip, inciuci del mondo della fantascienza dal dopoguerra a oggi.
Mi attacca un bottone infinito, finché si ricorda del perché sono lì.
Tira fuori due buste della spesa piene zeppe di tascabili. Pesano uno stonfo.
Bestemmio mentalmente.
«Ho messo le buste doppie, così non si rompono.»
«Sta scherzando, vero?»
«No no, è facile che si rompano» finge di non capire.
Chiamo il ragioniere.
«Guarda che non ce la faccio a portare tutta questa roba, non te la puoi far spedire?»
«Ma no, non ne vale la pena. E poi così me la porti direttamente in ufficio tra poco.»
Esco con le sporte che mi segano le dita di ciascuna mano. Inizio a sudare come un porco.
Arrivo alla fermata del tram con le mani viola solcate di bianco.
La mia camicia migliore è diventata uno straccio di carta velina bagnata. 
Apro i sacchetti.
Urania.
Semplici Urania e nemmeno in buone condizioni. E sono anche sicura che il ragioniere li abbia già tutti.
Richiamo il ragioniere.
«Scusa, ma questa è roba che già hai. Molti sono pure squadernati. Io sudo e non posso andare da nessuna parte così zavorrata.»
«Sì sì. È vero, ce li ho già. Ma il signore del negozio li buttava via...»
«Capisco.»
«Non potevo farmeli scappare.»
Il ragioniere è un amico e asseconda sempre le tue mattane.
«Certo, nessun problema, ci vediamo dopo» dico pescando un paio di copie per sacchetto che finiscono dritte nel cestino lì accanto.
Vedo delle sedie fuori da un bar. Mi avvicino e lascio un Urania su ogni sedia. Sorrido al barista che mi guarda perplesso e ritorno alla fermata.
Mollo quattro o cinque copie sull'autobus.
Alla stazione mi fermo a prendere il secondo caffè e ne approfitto per lasciare tre urania sotto al Il Resto del Carlino.
Poco distante c'è un negozio di reminder. Mollo alcune copie sul dispenser all'esterno.
Mi incammino verso la stazione, lasciando libri dove posso.
Riprendo il treno. E faccio un bookcrossing esagerato.
A Firenze le buste sono sensibilmente diminuite di volume. Ma non abbastanza.
Lascio una copia su ogni panchina che incontro.
Quando arrivo in ufficio trovo il ragioniere ad attendermi sulla porta.
Gli passo le buste. Lui guarda il contenuto deluso.
«Mi sembravano molti di più.»
«Boh.»




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